FRAMMENTI DI TEATRO I E II

Regia Edoardo Oliva, Vincenzo Mambella

Interpreti Edoardo oliva, Vincenzo Mambella

Inizio 26/05/2006, 21:00 | Fine 26/05/2006, 21:00

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Frammenti di Teatro I e II, nella produzione del prolifico drammaturgo irlandese, sono i testi meno rappresentati.

In entrambi i frammenti due personaggi passano qualche istante insieme in un mondo cupo e minaccioso.

Nel primo frammento un mendicante cieco ed un paralitico si incontrano.

L’uno fantastica ad alta voce sulla coppia formidabile che potrebbero formare assieme, vincendo poco a poco la diffidenza dell’altro.

I goffi e patetici tentativi di stabilire un contatto, di trovare un terreno comune, uno qualsiasi, su cui attenuare i propri disagi, franano con tutta la violenza di cui può essere capace la somma di due disperazioni.

Nel Frammento II due burocrati sono impegnati a sbrigare le ultime formalità per consentire ad un misterioso personaggio di suicidarsi.

L’immobilità ed il silenzio che emanano dalla situazione tragica vengono via via inghiottiti dallo schiamazzo impertinente di una misera e sparpagliata inquietudine rianimata da una incombente solitudine.

Scialbe e mediocri figure si affannano nervose al margine di lisce superfici, diaframmi tra illusione e condizione.

L’opera in questione pur rientrando tra quelle meno note, è densa di tutti i significati della poetica beckettiana: la minaccia, la solitudine, l’illusione, la vacuità…

Cercando di non tradire questa poetica senza essere beckettiani, anzi, ritenendo di aver aderito alla sua Essenza, il nostro approccio si è concentrato sul dualismo astratto-reale.

Nell’ossequio di questo principio spesso equivocato, la matrice dialettale, utilizzata nel primo frammento, ci ha avvicinato alla “verità” dei personaggi, allontanandoci da astratti intellettualismi e filtri psicologici.

Ed è all’interno di questa partitura che i personaggi sobbalzano, colpiscono, gridano, attendono, producendo un effetto burlescamente metafisico.

L’ineluttabile condanna del vivere e scandita dal riso: “Il riso cupo è il riso dei risi: il riso che ride di ciò che è infelice” (S. Beckett).

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