Recensione:
A volte andare a teatro è come immergersi nel mare, nuotando la superficie l’acqua si sposta e si increspa, ma poco accade a quel livello; invece prendendo aria e immergendosi a testa bassa si punta verso il fondo che custodisce la cruda realtà, dove la vita si crea e si distrugge, dove il pesce grande mangia il pesce più piccolo, poi invecchia e un pesce di nuova razza, ancor più avida, prende il suo posto, nel fondo del mare; questa l’atmosfera che accompagna uno splendido Glengarry Glen Ross, pièce teatrale scritta negli anni ’80 da David Mamet e che viene proposta oggi dai sei attori della compagnia Teatro Immediato, orchestrati dalla regia di Edoardo Oliva.
Erano quelli i tempi della deregulation socio-economica, i tempi in cui il cinema proponeva Wall Street di Oliver Stone e Francis Ford Coppola raccontava i succhiasangue della sua epoca nel Dracula di Bram Stoker, per questo la struttura cinematografica salta subito agli occhi, non appena la scena si apre sul dialogo molto americano fra il pesce vecchio e il pesce giovane, ma di tutt’altra razza, che lo sta per surclassare; e ancora il cinema si affaccia nelle battute serratissime di tutto lo spettacolo, intarsiate di tutte quelle volgarità di linguaggio che “rafforzano il discorso”, come si dice, e che tuttavia non disturbano mai perfino impreziosendo la sensazione torbida della trama.
L’aria insalubre si incomincia ad avvertire da subito nella luce soffusa e impura della scena, si direbbe che manchi soltanto un po’ di fumo davanti ai faretti…ma basta poco e poi la sigaretta non resiste, si impone sulla scena come un’esigenza, sembra quasi accendersi da sola perchè proprio non poteva mancare, sotto la luce ocra velata e fuligginosa del centro scena. Gli attori sono bravissimi a nuotare nel denso fluido della trama, si muovono con forte personalità nell’incertezza delle sabbie mobili in cui sopravvivono, stretti dentro le cravatte che asfissiano il loro senso di libertà.
Promossa dunque a pieni voti questa pièce che trasmette l’agitazione dell’irrisolto e fa appassionare a percentuali, commissioni, termini da affaristi così lontani dal vivere comune, in cui la legge della sopravvivenza sociale passa attraverso l’accumulo di denaro e il confine fra il successo e il fallimento si fa sempre più sottile, e dove infine la coscienza dell’uomo si dissolve lentamente, dentro nuvole di fumo che la loro stessa inconsistenza, spinge languide verso l’alto.
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