Anno 2005
Regia Edoardo Oliva
Interpreti E. Spirito, E. Budini, E. Tozzi, E. Oliva, M. Vallone e V. Mambella
Lo spettacolo Glengarry Glen Ross di David Mamet è stato scritto negli anni ’80, periodo caratterizzato, da un punto di vista socio-economico, da una esasperata deregulation.
La pièce racconta, infatti, le vicende di un gruppo di venditori di un’agenzia immobiliare che, per nuove strategie di vendita imposte dalla direzione, sono alle prese con una feroce gara interna che assegna come primo premio una Cadillac, come secondo un set di coltelli e come terzo il licenziamento.
A distanza di vent’anni il testo di Mamet mantiene intatta la sua attualità; la battaglia tra le specie è vecchia come il mondo, i deboli proliferano e vengono sistematicamente fagocitati dai furbi, per quanto un legame di tacita amicizia e rispetto reciproco sembra unirli.
Ma proprio perché il rapporto tra uomini segue leggi economiche e strategie di sopravvivenza severe e spietate, l’amicizia e lo spirito di solidarietà diventano spesso “mestiere”.
L’analisi del testo, inizialmente, aveva suscitato dubbi circa la messa in scena fedele al contesto storico-territoriale, così come descritto dall’autore, per la prepotente e ingombrante contestualizzazione, che avrebbe contaminato la “verità” della recitazione, dal momento che Mamet economizza i mezzi espressivi offrendo un parlato che è tanto quotidiano quanto costruito (ricorrendo, talvolta, ad un lessico scatologico).
Tuttavia durante il lavoro di preparazione, dopo alcune letture ed improvvisazioni, è emersa la convinzione che l’universalità dei temi contenuti nel testo, uno per tutti il patetico ondeggiare tra il mito del successo e la consapevolezza dei propri limiti, in un contesto nel quale un “secondo posto” vale solo “un set di coltelli da tavolo”, si elevi oltre gli ostacoli di un “linguaggio” che non ci appartiene.
Bandendo ogni lettura di tipo politico-ideologico, il nostro lavoro si è concentrato sulle tensioni tribali che governano le relazioni di questo “miserabile” microcosmo. In tal senso è stato strutturato lo spazio scenico che cerca di confinare in un semplice quadrato le coordinate patibolari.